Perchè Spot 80?

Nel 2004, all’inizio dell’avventura di Spot 80, tra i collaboratori c’era Cristiano, detto “Antipop”, tra i primi a dare fiducia a questo progetto. Cristiano, oltre a fornire gli spot in suo possesso, scrisse anche l’introduzione al sito. Era molto bella e ho deciso di ripostarla qui. Col passare degli anni, di Cristiano ho perso le tracce. Se ripassasse da queste pagine e leggesse le sue parole, sarebbe bello risentirlo. Chissà…

Nostalgia, nostalgia canagliaaa…

Cantavano così Albano e Romina, l’inscindibile (e adesso scissa) coppia della canzonetta italiana.

Già, nostalgia. Ad ogni generazione la sua: ad alcuni i favolosi 60, ad altri i turbolenti 70, a noi, “ventitrentenni” del duemila, sono toccati gli anni ottanta.

Già, gli ottanta. Quelli dello yuppismo, del rambismo, del reaganismo, del machismo, del craxismo, del drive-in-ismo, di tanti ismi che all’epoca furoreggiavano, ma a guardarli adesso, fanno quasi tenerezza… vi ricordate il successo delle varie scuole di sopravvivenza?

Però non c’era solo quello. Fra neon, gel, manager “rrrampanti” e “Milano da bere”, ci sono state anche cose che hanno lasciato un segno profondo.

Questo sito, infatti, vuole dare un’occhiata a quegli anni da un punto di vista un po’ diverso: perché proprio in quegli anni avviene una vera e propria rivoluzione, che ha segnato anche la società in cui viviamo oggi (vi vedo già pensare: “Eeeeh, esagerato!” Nonnonnò, per niente, andate avanti a leggere, e capirete cosa intendo).

Nei primi anni 80, infatti, nascono (o meglio, “emergono”) le cosiddette tv private: Canale 5, Italia 1 e Rete 4 – queste ultime non ancora mediasettiane – diventano il nuovo metro di paragone per la Rai, che fino ad allora aveva avuto come unica concorrente… se stessa, con il famoso “secondo canale” (Rai 3 doveva ancora arrivare: si vedeva solo in certe zone, in certi orari, e generalmente si prendeva malissimo. Preistoria…) Le nuove tv, ovviamente, non possono reggersi economicamente sul canone, ma devono fare ricorso ad altre modalità di finanziamento che sono fondamentalmente due: sponsor e pubblicità. Soprattutto pubblicità.

Fino ad allora, sia gli spettatori che i pubblicitari italiani avevano vissuto nel mondo di Carosello, che in realtà era un caso unico al mondo: non si trattava di spot ma di veri e propri cortometraggi di un paio di minuti che in realtà col prodotto c’entravano di solito molto poco, relegando ai secondi finali una breve presentazione, generalmente piuttosto slegata dal resto del filmato.

Di colpo, invece, ci si trova a dover fare i conti con un linguaggio e con delle modalità di comunicazione completamente diverse. Se il glorioso Carosello era un vero e proprio show, con un determinato orario di trasmissione e dei canoni ben codificati, adesso bisogna “fare cassa”, e quindi inserire la pubblicità dove si può e quanta più si può. Ergo: filmati più brevi e più numerosi. La durata viene compressa entro i canonici 30 secondi (o meno), quindi non c’è più molto tempo per stare lì a fare scenette di impronta teatrale: bisogna catturare l’attenzione e vendere il prodotto, puntare dritti al sodo. I ritmi accelerano, il montaggio diventa spesso frenetico, il racconto lascia il posto a metafore e suggestioni. In breve, al centro dello spot non c’è più la parola, ma l’immagine.

Sempre per lo stesso motivo, lo slogan, che già in passato era importante, diventa fondamentale; così anche per la musica, che a volte è così azzeccata da diventare lo spot, il prodotto. Un esempio? Pensate solo al promo di Canale 5… “papparappa parappà-pa!”

Insomma, cambia tutto o quasi tutto il linguaggio della pubblicità, e con questo anche quello della tv in generale. Lo storico “Drive In”, ad esempio, porta il segno della velocità dello spot, con sketch generalmente brevi, intervallati da stacchetti musicali che – a loro volta – sono veri e propri jingle che “vendono” il prodotto-trasmissione. Il “tormentone” dei comici diventa un personalissimo slogan che identifica il personaggio (se io dico “E’ lui o non è lui? Cerrrrrrrrrrto che è lui” immediatamente vi viene in mente Ezio Greggio ed l’obbrobrioso quadro di Teomondo Scrofalo. Vero?) Questa trasformazione si riflette anche nella vita quotidiana: dalla pubblicità vengono mutuati modi di dire (“Io ce l’ho profumato!”), atteggiamenti, perfino il look. Anche il nostro “attention span”, cioè la soglia di attenzione, si accorcia: ve lo immaginate se adesso nel bel mezzo di un break pubblicitario vi capitasse uno spot “Carosello-style” che supera i due minuti? Come minimo, dopo il primo minuto vi sareste già stufati. Perché, in fin dei conti, è la modalità di fruizione che è cambiata: prima eravamo noi a sederci volontariamente davanti alla tv per vedere una serie di brevi spettacoli, adesso è la pubblicità che deve rincorrerci e cercare di richiamare la nostra attenzione. Insomma, da spettatori attivi a spettatori passivi che devono essere, in qualche modo, “svegliati”. Per questo è necessario ricorrere a immagini vivaci, slogan facilmente memorizzabili e jingle “ficcanti”. A volte questo meccanismo porta a dei successi clamorosi, a volte a delle ciofeche inimmaginabili.

Negli anni 80, la pubblicità basata sullo spot è ancora un po’ un “laboratorio”, perché sia i pubblicitari che gli spettatori devono abituarsi ad un nuovo linguaggio. Spot80.it nasce – per gli amanti, come noi, della pubblicità come mezzo di comunicazione – un po’ come analisi di questo particolare periodo, che a volte presenta dei colpi di genio spettacolari e altre delle ingenuità colossali. Ma soprattutto è un “archivio della memoria”, uno spazio per il modernariato televisivo e sociale, perché non vengano persi certi piccoli capolavori e, allo stesso tempo, certi fallimenti totali. Per quelli che hanno voglia di vedere “come eravamo”.

Per quelli che vogliono rivedere un po’ del loro passato.

Per quelli – come noi di Spot 80 – che con quegli spot ci sono cresciuti.